Sulla creatività dei sistemi di calcolo, con una lettura filosofica del problema della fermata di Alan Turing

Abstract

L’obbiettivo principale di questo saggio è provare la creatività dei sistemi di calcolo (viventi e non viventi) con una lettura filosofica del teorema della fermata di Alan Turing. La prima parte consiste in una breve genealogia degli studi incentrati sull’analogia uomo-macchina, con un focus sulla questione della creatività, per mostrare come dalla pubblicazione dell’articolo di Turing del ‘50, Computing machinery and intelligence, si sia affermato in essi un approccio soggettivistico, ovvero la tendenza a spostare il luogo in cui ricercare l’intelligenza e la creatività delle macchine osservate dalle macchine stesse ai loro osservatori, deducendo le potenzialità delle prime a partire dalle reazioni di sorpresa dei secondi. Mostreremo come questo approccio abbia portato, alla lunga, a mettere in secondo piano la questione se le macchine siano realmente creative (Boden) e ad attestare la ricerca sull’assunto per il quale la creatività è negli occhi di chi la guarda (Ritchie). In alternativa a questo approccio, nella seconda parte si tenterà di rilanciare la prospettiva oggettivistica e di mostrare come sia possibile sostenere, ripartendo ancora una volta da Turing, la tesi della creatività reale delle macchine, ma facendo leva questa volta sulle importanti implicazioni filosofiche dei risultati logico-matematici che egli raggiunse nell’articolo del ’36 sui numeri computabili. In chiusura del saggio si proporrà di individuare il corrispettivo della creatività reale dei computer nella capacità umana di prendere una cosa per un'altra – descritta da Cornelius Castoriadis nei termini di un quid pro quo interno al linguaggio inteso come codice – al fine di rendere ogni volta i dati dell’esperienza conformi alle proprie regole.