L’urgenza ‘metapolitica’ del politico? Il ‘katèchon’ di Carl Schmitt nel carteggio con Hans Blumenberg

Vittorio Ricci

Abstract


Una delle tematiche politico-teoretiche in genere che, oltre a suscitare curiosità e fascino, si connotano di insuperabile refrattarietà a una nitida e univoca classificazione, è rappresentata dalla nozione schmittiana di katéchon. Lungi dal poter offrire una trattazione esauriente ed esaustiva, data la materia e data la sede, e nei limiti di quanto alcuni testi appartenenti al carteggio Schimtt-Blumenberg (1971-77) offrono, si vuole presentare uno dei concetti ‘interdisciplinari’ e complessi che hanno assunto una valenza paradigmatica e ineludibile nella riflessione contemporanea anche nella sua veste parzialmente retorica. Le varie declinazioni schmittiane del katèchon stanno a significare l’ ‘insufficienza’ irreversibile del politico che forse è da indicare come una sovrapposizione su un ‘vuoto’ che immediatamente attende di riempirsi di strutture e sovrastrutture giuridiche, che detiene la decisionalità, la distende e la neutralizza sempre nel suo sfondo irrimediabilmente non decisionale. Il katèchon viene a confondersi con l’epifania di potere di conservazione legittimante che si intreccia con la ‘secolarizzazione’, per sopperire alla naturale escatologia del politico, decisiva per la sopravvivenza stessa del sovrano che si tiene ‘normale’ e ‘normativo’ per contenere un’occulta dinamica di ‘ostacolo’, l’eccezionale anomia del nemico.


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ISSN: 2281-3209                DOI Prefix: 10.7408

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